Ricucire Nature

 Testo di Andrea Lerda

 

Si è chiusa da poco alla Triennale di Milano la personale di Thomas De Falco dal titolo Nature, a cura di Laura Cherubini. L’artista ha presentato per la prima volta una vasta e completa selezione dei propri lavori. Opere che spaziano dall’arazzo bidimensionale all’arazzo scultoreo, dalla scultura tessile alla scultura tessile su tela.

 

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Thomas De Falco, Nature, Triennale Design Museum, Milano 2017. Courtesy e Triennale Design Museum.


Formatosi presso la Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano, De Falco racchiude la propria ricerca scultorea in una particolare e personalissima tecnica tessile, il wrapping, che consiste nell’avvolgere attorno ad un’anima di materia tessile, dell’altra materia tessile fino a creare forme che ricordano quelle delle radici degli alberi. Attraverso questa tecnica, l’elemento naturale, alla base degli studi e delle ricerche dell’artista, è infatti tramutato nelle forme scultoree della materia tessile abilmente intrecciata da De Falco.

A evidenziare lo stretto rapporto che lega l’artista con la natura i quaderni personali di De Falco, nei quali l’artista è solito cucire le foglie appena staccate dagli alberi su supporto cartaceo realizzando, in questo modo, tessiture studiate in punti precisi che consentano il movimento e quindi il processo di trasformazione della foglia. È proprio grazie all’intervento sulla natura prima, e attraverso la trasmutazione in intreccio del filo poi, che l’artista agisce sulla dinamica di maturazione della natura “congelando” ed “imprigionando” la materia in un blocco scultoreo.

 

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Thomas De Falco, Nature, Triennale Design Museum, Milano 2017. Courtesy e Triennale Design Museum.

 

L’atteggiamento della pratica artistica di De Falco, volto a creare connessioni a diversi livelli, si inserisce in un periodo storico molto particolare. Con l’avvio del nuovo secolo la globalizzazione ha iniziato a contabilizzare i suoi danni all’interno di tutti gli ambiti della società. Va inoltre detto che ad oggi la globalizzazione non è stata in grado di abbattere i molti muri che alimentano ingiustizie e diseguaglianze, generando piuttosto nuove e crescenti occasioni di divisione. Tutto questo accade nell’era digitale, in un presente iper connesso e apparentemente privo di ostacoli al dialogo, all’interno del quale non si può non rilevare la tendenza più o meno latente, in alcuni casi del tutto manifesta, a costruire barriere.

È dunque un dato di fatto l’aumentare costante delle divisioni, fisiche e non, all’interno di un presente fatto di tensioni politiche, sociali ed economiche. Pensiamo semplicemente alle barriere di cui sempre più spesso sentiamo parlare, o con cui abbiamo a che fare in maniera diretta, quelle in cemento, impiegate per proteggere i centri urbani da imprevedibili attacchi terroristici. Forse l’ultima versione, quella tascabile, di altri sbarramenti molto più imponenti e costosi. E’ il caso del famoso muro con il Messico annunciato e promesso dal neoeletto Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Tramp, che si prevede verrà realizzato sul confine tra i due stati nel corso della sua presidenza. Nulla di nuovo dal momento che ne esiste uno già dal 1990.

All’interno di questo contesto storico, in cui l’idea di limite è quanto mai attuale (anche quello di non ritorno che è stato varvato nei confronti della relazione uomo-natura), pratiche artistiche come quella di Thomas de Falco sottolineano atteggiamenti che remano in senso opposto. Le stesse performance che l’artista realizza mettono in scena un bisogno di relazione che si esplicita nella tensione generata dall’utilizzo di materiali tessili che si tendono fino a “legare”, “cucire” o “ricucire” rapporti e relazioni sull’orlo della frattura.

 

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Thomas De Falco, Nature, Triennale Design Museum, Milano 2017. Courtesy the artist e Triennale Design Museum.

In occasione della mostra l’artista ha realizzato una performance e un’installazione tessile dal titolo Intricacy, pensata appositamente per interagire con gli spazi della Triennale di Milano. Come nel libro Le Petit Ami di Paul Léautaud, pubblicato nel 1903, che affronta il tema della madre come “regina assente”, De Falco sembra concepire la figura materna, nelle sue più eterogenee accezioni, nelle forme scultoree di una grande madre-albero costituito da più di 500 metri lineari di materia tessile.
I performer, inizialmente isolati e immobili, rigorosamente a occhi chiusi, modificano lo stato iniziale fino a compattarsi in un “grande abbraccio” consolatorio che metaforicamente ci riporta alle tragedie sociali con le quali siamo purtroppo abituati a confrontarci quotidianamente.
Un abbraccio in cui i soggetti sembrano fortificarsi e che assomiglia, o almeno sostituisce, quello di una “madre assente” che come “natura matrigna” si abbatte sull’umanità contemporanea.
Dai loro corpi incastonati nel blocco scultoreo si estendono così grandi radici di wrapping che si espandono nell’ambiente circostante collegando mani, piedi e capelli alla struttura architettonica dello spazio espositivo.
Sebbene la materia tessile sia parte “fisica” principale dell’installazione, la reale protagonista del progetto è la performance, mezzo che l’artista usa per “dare vita e parola alla materia”.

 

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Thomas De Falco, Intricacy, Triennale Design Museum, Milano 2017. Courtesy the artist e Triennale Design Museum.