Nulla nasce da nulla

 

La mostra da Michela Rizzo, a Venezia, con un intervento del grande maestro olandese Herman de Vries.
Il progetto, a cura di Andrea Lerda, è visibile fino al 16 luglio.

 

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Silvano Tessarollo, Non sono il burattino del cielo, 2015, courtesy l'artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia.


Sulla religiosità della Terra
Testo di Andrea Lerda

 

Le paure, le ansie, i turbamenti e le difficoltà nel trovare risposte sull’origine delle cose che si compiono sulla terra, descritte da Lucrezio nel De Rerum Natura, sono l’incipit dal quale il poeta greco parte per comporre il poema scritto nel I secolo a.C. Lucrezio, nella prima parte del testo, sostiene infatti apertamente che le cose non possono essere create dal nulla, né una volta nate, ritornare al nulla, poiché “nulla di quel che sembra perire, si distrugge affatto” (1) .
I punti fondamentali di questo discorso sono due: il primo è dato dal fatto che già nel I secolo a.C. egli riconosce l’esistenza di una posizione che a posteriori sarà identificata come antropocentrica; nulla nasce dal nulla: dunque una visione chiaramente laica, che pone al centro del tutto il ruolo attivo, e quindi la responsabilità dell’uomo, nei confronti della natura e del processo evolutivo della Terra. Nessun intento divino, o presenza soprannaturale guida il mondo, no, non ci è dato sperare in un salvataggio ultraterreno.
Il secondo punto è quello che leggiamo tra le righe, ossia la capacità insita nella natura di rigenerarsi ogni volta da se stessa, poiché “nulla ritorna al nulla” (2). Ancora una volta, il richiamo al ruolo del gesto umano è diretto, che sia esso un atto di garbo o di distruzione nei confronti di ciò che lo circonda.
Sostenendo la non casualità delle cose e dei fenomeni naturali, Lucrezio annuncia che essi sono direttamente connessi con le manifestazioni dell’esistenza umana, ne afferma la fragilità, e la posizione soggetta a regole e comportamenti, sui quali, mediante una lettura che avviene oggi, l’uomo ha potere d’azione.

Il “principio fondamentale” descritto da Lucrezio, secondo cui “nulla nasce dal nulla”, può essere dunque il punto di partenza per l’analisi del lavoro di Silvano Tessarollo, che la Galleria Michela Rizzo presenta per la seconda volta nei suoi spazi di Venezia, affiancato da un intervento del grande maestro olandese Herman de Vries (che torna in laguna dopo aver rappresentato l’Olanda in occasione dell’ultima Biennale d’Arte).
Quella di Tessarollo, in parallelo all’interpretazione di Lucrezio, è una posizione altrettanto laica, che pur nell’ambito di una ricerca caratterizzata da una decisa spiritualità cosmica, rimane ancorata in maniera piuttosto salda al reale. Come accade per il poeta, anche in questo caso, l’artista è spinto da un forte bisogno di cercare risposte su quella “natura delle cose”. Da sempre Tessarollo è mosso dalla necessità di giungere al nocciolo delle questioni, di comprendere le ragioni di quanto accade e la natura della materia che ci circonda, toccando temi come la caducità, la transitorietà, la vita e la morte.
Con la mostra Nulla nasce dal Nulla, l’artista compie quello che potremmo chiamare un “ritorno all’ordine”, facendo un passo indietro, procedendo verso le origini, camminando su un sentiero già battuto. L’impiego di materiali come terra, erba, acqua e altri materiali naturali è infatti già avvenuto nella pratica artistica passata, che ora conduce l’artista verso nuovi esiti formali ed estetici, evidentemente più raffinati, all’interno di un percorso che si fa estremamente delicato, spirituale, sempre più intenzionato ad entrare in contatto con “la religiosità della terra” (3).

 

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In ordine: Vedute della mostra presso la Galleria Michela Rizzo, 2016. In primo piano Herman de Vries, Burned III, 2014-2015, tre tronchi di Robinia carbonizzati; Silvano Tessarollo, Ci sono giorni di vento, 2015Courtesy l'artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia.

Silvano Tessarollo compie così un atto di auto consacrazione e di vera devozione verso di essa, con un atteggiamento che sembra essere quello di un monaco intento nella sua preghiera.
Lo specchio del cielo (2016), rappresenta probabilmente il Terminus a quo di questo nuovo progetto espositivo che presenta a Venezia un intero corpus di lavori mai esposti prima: un’opera che, richiamando alla mente il gesto che Giuseppe Penone compì nel 1970, con Rovesciare i propri occhi e mediante una formalizzazione estetica estremamente interessante, dichiara in maniera netta l’inscindibilità tra uomo e natura, richiamando ognuno di noi al senso di responsabilità e all’importanza di un contatto autentico con essa.
I materiali che Silvano Tessarollo chiama a rapporto racchiudono al loro interno la memoria collettiva del mondo, la nostra memoria, la nostra cultura, le nostre tradizioni, il nostro presente e il nostro futuro. La terra è infatti occasione per pensare e per riflettere; ci offre echi provenienti dalle tradizioni spirituali d’Occidente e d’Oriente.

 

La devozione con la quale l’artista modella questo elemento, così poco propenso ad assumere forme nette e definite, richiama alla mente la cura maniacale e la perfezione dei giardini Zen, tipici della cultura giapponese. Come avviene per questi micro mondi, anche nei lavori che Silvano Tessarollo ha realizzato per questa mostra, possiamo assistere alla nascita di paesaggi utopici su superfici minime, che non fanno altro se non evocare alla mente la sinuosità organica propria della Natura.
In quanto presenza laica, come laico è il ruolo dell’artista che si mette al primo posto nel processo di genesi, auto proclamandosi come presenza divina in grado di plasmare la terra, Tessarollo coltiva il suo desiderio di perfezione come “tentativo di approdo spirituale nell’ammirazione del mistero, oltre i confini di ogni materialismo o spiritualismo” (4).

 

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In ordine: Silvano Tessarollo. Vedute della mostra presso la Galleria Michela Rizzo, 2016; Terra senz'acqua, 2015; Preghiera, 2015. Courtesy l'artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia.

Le zolle di terreno che Tessarollo ridisegna, con dovizia e con pazienza, ad imitazione di quanto la natura gli propone; le strisce di terra che modella come fossero rapidi sussulti ondulatori, racchiudono in sé tutta la forza, la potenza, la gloria del cosmo sul quale camminiamo (Il suono dei passi, 2015).
Che dire poi di lavori come Se l'acqua non trova radici, 2016, in cui l’artista applica su fogli di carta terriccio e muffe, lasciando che sia l’azione della pioggia a disegnare su di essi pattern e motivi dalle sembianze fitomorfe, o di Pocia, 2015, in cui l’artista torna a fecondare la terra con interventi che innestano al suo interno l’elemento vegetale, forse come azione di redenzione nei confronti dei tanti torti ad essa inflitti. Riferimenti non casuali, che l’arista induce fin dai titoli delle opere: Terra senza rumori; Terra senz’acqua; Raccogli quel che semini. Un monito? Un presagio? L’auspicio per una dimensione pura, libera da ogni interazione dannosa?
Pur senza riferimenti polemici o meramente intenzionali ad una dimensione ecocritica, Silvano Tessarollo sembra voler lanciare messaggi molto forti, sollevare interrogativi indispensabili, aprendo le porte a più soluzioni nello stesso tempo.
L’artista appare come “un mezzo per farci incontrare con noi stessi, per renderci partecipi delle profondità vitali, per provocare quell’esperienza estetica che attinge direttamente alla realtà primaria, non ancora polarizzata e frammentata dalla coscienza, un’esperienza che si svolge al di fuori del tempo, trovando il suo inizio e la sua fine nel presente” (5).

 

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Silvano Tessarollo, Inizio del giorno, 2015 (dx); Lo specchio del cielo, 2016 (sx). Courtesy l'artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia.

L’altro protagonista della mostra è il grande maestro olandese Herman de Vries, un artista che ben conosce il significato del rapporto con la terra, elemento che, a partire dalla fine degli anni Settanta, colleziona e archivia con grande meticolosità all’interno di un suo personale archivio-museo. Noi tutti ricordiamo il lavoro From Earth: Everywhere, presentato all’interno del Padiglione Olandese, nell’ambito della Biennale di Venezia del 2015.
Come nel caso dell’opera di Silvano Tessarollo anche il lavoro di Herman de Vries ha a che fare con l’esistenza, l’impermanenza, la trasformazione e la caducità delle cose. Anch’egli è influenzato in maniera significativa dalla filosofia Zen e possiamo affermare senza timore che l’approccio con la natura dell’artista olandese è quanto di più intimo, di sacro e di autentico possa esistere.
Nella mostra Nulla nasce dal nulla, Herman de Vries espone l’opera Burned III, del 2014-2015, composta da tre pezzi di tronchi di acacia secolare carbonizzati.
Si tratta di un lavoro emblematico dell’approccio che l’artista ha nei confronti di un elemento così denso di significati e di rimandi simbolici.
L’albero, il bosco, sono figure centrali all’interno della sua pratica artistica; veri e propri santuari, dimensioni sacre, che ci permettono di osservare la natura nella sua forma più autentica. Luoghi all’interno dei quali Herman de Vries si immerge, ogni giorno, come un mantra che diventa stile di vita, per esercitare la propria forma di rispetto che potremmo definire religiosa. Il bisogno di evidenziare l’importanza di non perdere quella relazione così intima e attenta con l’ambiente naturale che la cultura e la civiltà odierna sembrano aver dimenticato.
Il tronco, carbonizzato, è presentato come una pala d’altare, ai piedi della quale inginocchiarsi. Una figura, nonostante tutto, ancora viva, che deve poter accendere nel nostro animo il medesimo bisogno di riconciliazione e di riconoscenza che l’artista sente ogni volta che si relaziona con la natura.

Il lavoro di Silvano Tessarollo e di Herman de Vries è dunque un omaggio a quattro mani che viene fatto alla terra, non con l’intento di denunciare, di fare propaganda, di sollevare il solito polverone della crisi ecologica, di urlare ad alta voce il grido di disperazione di un pianeta al collasso, bensì di tacere, di restare in silenzio, di osservare e ascoltare. Nell’uno come nell’altro è centrale il desiderio di contribuire al processo di consapevolezza rispetto alla comprensione del mondo e delle cose, che avviene inevitabilmente mediante un dialogo costante tra l’uomo e la natura.
In questo senso, la mostra Nulla nasce dal nulla rappresenta un momento di comunione e di rispetto per il cosmo, un atto di ri-unione, il Mandala da scoprire, con il quale entrare in relazione, allo scopo di ritrovare un nuovo contatto con gli elementi naturali e con la terra.


(1) Lucrezio, De Rerum Natura, trad. it. a cura di Olimpio Cescatti, Garzanti editore, 1975
(2) Ibidem
(3) Duccio Demetrio, La religiosità della terra. Una fede civile per la cura del mondo, Raffaello Cortina Editore, 2013
(4) Ibidem
(5) Enzo Bargiacchi, Forma senza forma, testo al catalogo della mostra, Galleria Civica, Modena, 22 maggio – 11 luglio 1982, p.16.

 

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In ordine: Silvano Tessarollo, veduta della mostra presso la Galleria Michela Rizzo, 2016; La materia delle cose, 2016, particolare; Non trovo le parole per esprimere il mio dolore, 2016. Courtesy l'artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia.


SILVANO TESSAROLLO / NULLA NASCE DAL NULLA
Con un intervento di Herman de Vries
A cura di Andrea Lerda
Galleria Michela Rizzo, Venezia
Fino al 16 luglio 2016