Coltivare arte, culture, sostenibilità

Testo di Raffaele Quattrone

 

Negli ultimi decenni molti intellettuali hanno utilizzato gli stati della materia (solido, liquido, gassoso) per descrivere lo sviluppo della nostra vita sociale. Così se con la Modernità l’uomo vuole costruire un mondo duraturo e certo, per il sociologo polacco Zygmunt Bauman nella seconda parte del 1900 inizia a delinearsi una società liquida basata invece sull’idea della liquidità, caratteristica propria dei sistemi finanziari ed economici (la cosiddetta liquidità della moneta). Stato, famiglia, lavoro, comunità, tutto si “scioglie” e diventa sfuggente come quando cerchiamo di afferrare con le mani un liquido. Tutto quello che può durare nel tempo perde attrattiva ed interesse a vantaggio di tutto ciò che è “usa e getta” caratteristica propria dei beni prodotti dall’industria. Per il filosofo francese Yves Michaud negli ultimi anni siamo addirittura passati ad uno stato gassoso con il trionfo dell’estetica, il culto della bellezza a discapito dell’etica e dell’impegno, tipiche dello “stato” solido della vita sociale.
Di fronte a questa diffusa dematerializzazione, deterritorializzazione, virtualizzazione della vita sociale molti artisti tra i quali proprio Emanuela Ascari sentono l’esigenza di “ritornare alla terra” o meglio “con i piedi per terra” per rigenerare un tessuto sociale, culturale, politico distante, troppo distante, dalla realtà. Nella famosa conferenza “La questione della tecnica” (siamo nella prima parte degli anni ’50) il filosofo Martin Heidegger argomentò come la terra fosse oramai intesa solo come un “fondo” da sfruttare seguendo le leggi dell’industria meccanizzata dell’alimentazione e perdendo il suo significato originario, “quando coltivare voleva dire ancora accudire e curare”. Eh già, perché coltivare la terra richiede cura, impegno, forza fisica, pazienza, attesa, inventiva... Ed in questo senso il coltivatore coltiva la terra in una logica anticapitalistica esprimendo un pensiero sovversivo, di resistenza, di opposizione.

 

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Ciò che è vivo - culture tour, 2015, Alberto Grosoli, San Damaso (MO), courtesy Regione Lombardia
Ciò che è vivo - culture tour
, libro d'artista, Macro, Roma 2015

Dal 1970 l’ONU promuove la “giornata della terra” (Earth Day) festeggiandola il 22 aprile per ricordare quando il 22 aprile del 1970 milioni di americani si mobilitarono in una enorme manifestazione a difesa del pianeta rispondendo all’appello di Gaylord Nelson, senatore americano preoccupato dall’inquinamento, dall’estinzione di piante ed animali, dalla precarietà degli ecosistemi, dall’esaurimento delle risorse non rinnovabili, ecc. Una terra arida, un ambiente moribondo non possono generare vita per molto tempo ancora pertanto ci richiedono un ripensamento delle nostre abitudini e dei nostri metodi di coltivazione soprattutto in relazione al futuro del pianeta che lasciamo in eredità ai nostri figli, ai nostri nipoti, a coloro che verranno. In una logica di responsabilità e di rispetto per qualcosa che è un bene comune da preservare e trasmettere in buona salute alle generazioni successive. Tra questi “metodi responsabili” spicca la biodinamica, metodo di coltivazione basato sulla visione del mondo del filosofo ed esoterista Rudolf Steiner, secondo la quale “la vita può crescere solo in un contesto vivente”.
È così che Emanuela Ascari realizza in legno la frase “ciò che è vivo ha bisogno di ciò che è vivo” ed intraprende un viaggio che la porta ad attraversare l’Italia per raggiungere, come lei stessa afferma, agricoltori organici, biologici e biodinamici, ecovillaggi posizionando nei loro terreni la frase per il tempo relativo al suo passaggio, normalmente un giorno ed una notte, al massimo due, per poi ripartire per la tappa successiva. Trenta tappe, trenta incontri ed occasioni di riflessione. Fino ad arrivare alla residenza presso il MACRO di Roma dove l’artista realizza cromatografie dei campioni di terreno raccolti durante il viaggio. Le cromatografie sono immagini su carta che esprimono la qualità minerale ed organica di quel determinato terreno in quel determinato momento. Una tecnica utilizzata in biodinamica per valutare la qualità dei terreni basandosi sulle qualità estetiche delle immagini osservate ed analizzate rispetto all’armonia delle forme ed alla gamma dei colori.

 

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Ciò che è vivo - culture tour, dettaglio cromatografia. Dislocata, Vignola, 2016

Il viaggio raccontato sui siti undo.net e terranuova.it ha preso la forma di un libro dove hanno trovato posto le foto dell’installazione nelle trenta tappe del percorso, i testi scritti da alcuni dei coltivatori che hanno ospitato l’artista ed una chiacchierata con Gianfranco Baruchello e Carla Subrizi. Il libro è stato interamente stampato su carta di canapa, una pianta con la quale si può produrre in modo ecologicamente conveniente carta, tessuti, combustibili, plastiche, olii ed altri materiali per l’edilizia come per esempio i mattoni oltre a prodotti alimentari e terapeutici.
Il viaggio intrapreso da Emanuela Ascari è uno strumento di trasformazione sociale se permette all’individuo che lo compie di percorrere un cammino di conoscenza e ricerca al di là di stereotipi o falsi miti. Il viaggio è ripartenza, rinnovamento qualitativo della vita, è catarsi. John Steinbeck diceva “le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”. Penso sia lo stesso per Emanuela Ascari e per tutti quanti noi che quel viaggio nell’agricoltura biodinamica non l’abbiamo fatto. Una mostra d’arte può essere solo una mostra d’arte se torniamo a casa sicuri delle nostre convinzioni e soddisfatti delle nostre abitudini. Non è solo una mostra d’arte se ci insinua un dubbio, un germe che ci invita a ripensare quello che siamo e che facciamo. Il progetto di Emanuela Ascari ha sicuramente queste potenzialità. Sta ora a noi trasformarle in opportunità.

 

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Ciò che è vivo-culture tour, 2015, Podere Santa Croce, Argelato (BO)

*Il viaggio è stato sostenuto da Fondazione Baruchello, con il contributo di Associazione La zappa sui piedi e Associazione per la Promozione del Territorio Tipicadelfia di Adelfia, PAV - Parco d’Arte Vivente di Torino, e co-prodotto dagli agricoltori hanno ospitato l'artista.
La frase di legno è stata prodotta per GAP - Global Art Programme, 2013, progetto promosso da FARE e Artegiovane, Milano, con il sostegno di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo. La frase appartiene alla collezione della Regione Lombardia.
Le opere esposte sono state prodotte nell’ambito del “Programma Artisti in Residenza” 2015, MACRO, Roma.
Il testo è pubblicato nel catalogo della mostra a cura di Raffaele Quattrone e Wunderkammer Associazione Culturale, presso Dislocata, Vignola.