Arte e scienza al fianco di Venezia

Testo di Andrea Lerda

 

Un wall painting, alto 6 metri e lungo 100, per raccontare i rischi dei cambiamenti climatici e parlare del fenomeno dell'innalzamento delle acque a Venezia. Si chiama Climate 04 Sea Level Rise ed è un progetto tra arte e scienza realizzato da Andreco sulla facciata di un edificio presso Fondamenta Santa Lucia, a pochi passi dalla stazione ferroviaria.

 

Andreco CLimate 04 Sea level rise venezia cnr ecology
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Climate 04 Sea Level RIse, Venezia, 2017. Courtesy Andreco


Il primo febbraio del 1975, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera dal titolo “Il vuoto di potere”, Pier Paolo Pasolini denuncia che “nei primi anni Sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più”(1).
L’intellettuale nostrano utilizza la scomparsa delle lucciole come pretesto e metafora per parlare, anzi per urlare, la trasformazione radicale di una società scellerata, del progresso tecnico ed economico incontrollato, del capitalismo spregiudicato e del boom economico che in breve tempo avrebbe destabilizzato gli equilibri di un Paese basato per buona parte su una tradizione agricola secolare. Una trasformazione radicale, che portava con sé distruzione paesaggistica e urbanistica, inquinamento e devastazione ecologica, decadenza culturale e antropologica, l’esplodere della cultura di massa, l’omologazione degli stili di vita, la morte delle lucciole, quei “bagliori d’innocenza”(2) tanto delicati da rappresentare a pieno la fragilità degli equilibri naturali, incrinati dall’irrazionalità e dalla scellerata cecità del cinismo umano.
Dopo la lezione di Henry David Thoreau, che già a metà Ottocento sente nell’aria che qualcosa di irreparabile sta accadendo, quella di Pasolini è certamente una delle principali voci in grado di raccogliere l’eredità della recente ecocritica americana e di risvegliare in Italia una sensibilità ecologica sopita.

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Climate 04 Sea Level RIse, Venezia, 2017. Courtesy Andreco


Così come per l’America, dove l’esperienza storica della Land Art ha contribuito ad accendere il dibattito attorno alle questioni ecologiche, anche in Italia gli anni a cavallo tra il decennio Sessanta e Settanta hanno visto protagoniste tutta una serie di esperienze che si sono sviluppate attorno al concetto di less is more. Germano Celant, teorico principale dell’Arte Povera nel Manifesto del movimento, pubblicato su Flash Art n°5 del 1967, rileva infatti la presenza di un nuovo atteggiamento “teso al reperimento del significato fattuale del senso emergente del vivere dell’uomo. Un’identificazione uomo-natura, che non ha più il fine teologico del narrator-narratum medievale, ma un intento pragmatico, di liberazione e di non aggiunzione di oggetti a idee al mondo, quale oggi si presenta”(3).
Nel capoluogo torinese, Mario Merz lavora sulla struttura organica del mondo vegetale, sull’intersezione delle forze primarie e naturali con oggetti propri della contemporaneità. Pino Pascali, nel 1967, propone 2 metri cubi di terra e 1 metro cubo di terra, sineddoche naturale di un mondo naturale. Giuseppe Penone, più di ogni altro, dà rappresentazione del rapporto intimo, autentico e sublime che esiste tra l’uomo e la natura. Nel frattempo, Giuliano Mauri riflette sui concetti di ambiente e di partecipazione, dialoga con il paesaggio giungendo ben presto a realizzare interventi site specific all’interno della natura. Ugo La Pietra si sofferma ad analizzare il significato di abitare la città, invocando la necessità di una presa di coscienza maggiore, in grado di costruire il giusto equilibrio tra uomo e natura, mentre Piero Gilardi realizza nel 1965 i primi tappeti natura. La sua natura sintetica diventa un simbolo della contemporaneità, fatta di produzione in serie e di disattenzione nei confronti del contesto naturale.
Non possiamo poi dimenticare la presenza fondamentale e non casuale sul territorio italiano di un artista come Joseph Beuys che dal 1972 e fino al giorno della sua morte, porterà avanti, in Abruzzo, la sua battaglia in Difesa della Natura.

 

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Climate 04 Sea Level RIse, Venezia, 2017. Courtesy Andreco


Questa breve e certamente incompleta panoramica è un pretesto per raccontare quale sia stato il terreno all’interno del quale sono stati posti tutta una serie di semi che con il tempo sono germogliati dando vita a iportanti ricerche di giovani artisti odierni, i quali hanno saputo portare avanti quel filone di ricerca attenta alle questioni ambientali ed ecologiche. Quello più interessante, che ha certamente saputo fare tesoro di questa eredità è Andreco, ingegnere ambientale prestato all’arte, che da diversi anni porta avanti una ricerca sulle conseguenze dell’impatto antropico all’interno del contesto naturale.

Platform Green ha già presentato il suo lavoro nella news numero 85, all’interno della quale è possibile leggere di alcuni dei suoi principali progetti e del modo in cui la sua pratica artistica prende forma.
Vogliano qui dare spazio all’ultimo lavoro realizzato dall’artista in occasione della quarta tappa del progetto itinerante in progress CLIMATE. Il primo step si è tenuto a Parigi, in occasione di Cop21 - Sustainable Innovation Forum 2015, ed è proseguito successivamente nelle città di Bologna e Bari.
Il progetto di Andreco porta alla luce le vulnerabilità proprie dello stesso territorio in cui si inseriscono le sue azioni. Se a Bari il tema principale è stato quello dell'accelerazione dei fenomeni di desertificazione dovuti all'innalzamento delle temperature, a Venezia l'artista si è concentrato sull'innalzamento del livello del mare.
L’ultima tappa che l’artista ha realizzato in laguna si chiama CLIMATE 04 Sea Level Rise. L’artista ha scelto Venezia proprio perchè essa rappresenta una delle città maggiormente esposte a questo rischio e, secondo le diverse previsioni attuali, potenzialmente destinata a essere sommersa.
CLIMATE 04 Sea Level Rise trae ispirazione da alcune ricerche condotte da team internazionali e da organizzazioni come The Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), Delta Committee o WGBU, oltre che dagli studi pubblicati dal Prof. Rahmstorf e dai ricercatori del CNR-ISMAR in merito agli effetti dell'innalzamento medio del mare sulla laguna di Venezia.
Tre sono gli interventi pensati da Andreco per la città di Venezia: un grande wall painting, un’installazione site specific e un seminario sui cambiamenti climatici (che si è tenuto a ottobre) analizzati da una doppia prospettiva, artistica e scientifica.
L'intervento pittorico è stato realizzato lungo le rive del Canal Grande, in Fondamenta Santa Lucia, dove Andreco ha deciso di lasciare traccia sul lungo muro dei recenti studi condotti sull’innalzamento del livello medio del mare e sulle onde estreme. Tutti dati scientifici forniti dalle stime pervenute dai centri di ricerca coinvolti.
Un'altra riflessione sull'ecosistema lagunare è stata messa in evidenza dall’installazione adiacente, che ospita alcune piante autoctone, sottolineando i benefici ambientali delle specie costiere e il loro contributo all'adattamento e alla mitigazione dei cambiamenti climatici, insieme al loro ruolo fondamentale per la salvaguardia di Venezia.

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Il progetto nasce grazie alla proficua collaborazione tra diversi soggetti, pubblici e privati:
Andreco, m.a.c.lab - Ca' Foscari, Università IUAV di Venezia, CNR-ISMAR, Studio La Città, One Contemporary Art, ASLC progetti per l’arte, Regione Veneto, Grandi Stazioni, De Castelli srl, Spring Color srl e Platform Green.

(1) Pier Paolo Pasolini, Il vuoto del potere, in “Corriere della Sera”, I° febbraio 1975, Milano.
(2) Georges Didi-Huberman, Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze, Bollati Boringhieri, p. 16.
(3) Germano Celant, Il manifesto dell’Arte Povera, da “Flash Art” n°5, del 1967; p.36