Forza di gradiente

di Andrea Lerda


La crisi ambientale è uno dei problemi più urgenti che l’umanità è chiamata ad affrontare in questa epoca. La specie umana ha travolto in maniera prepotente la vita che anima il mondo di cui essa è parte, alterando gli equilibri naturali a ogni livello.
La presunta supremazia umana, che una visione patriarcale introdotta a partire dall’Umanesimo ha radicato nelle nostre menti, è oggi a un bivio cruciale.
Il genere umano può continuare a vedere se stesso come depositario di ragione, cultura e abilità superiori, oppure può prendere coscienza del fatto che è parte di un grande Organismo, nel quale una complessità multispecie di forme viventi e non viventi sono in costante dialogo e fermento generativo.
La recente pandemia da Covid-19 è stata la rappresentazione più evidente di questo concetto di connessione intraplanetaria e, al tempo stesso, la manifestazione conclamata di come il superamento di un limite e la rottura di una serie di equilibri possano generare un effetto domino senza precedenti.


Il tempo che viviamo − nella sua condizione di complessità e instabilità − è però un tempo estremamente interessante, ricco di possibilità di immaginare mondi, scenari e futuri possibili, di sovvertire i nostri paradigmi e di costruire nuove narrazioni.


Nel testo Chthulucene. Staying with the Trouble, Donna Haraway esorta tutti a “pensare”, a “essere creativi” e a diventare umani simpoietici in grado di generare relazioni e nuove pratiche del “con-vivere”.
Rosi Braidotti, ne Il Postumano, La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, scrive che “la situazione postumana impone la necessità di pensare nuovamente, e più a fondo, allo statuto dell’umano, di riformulare […] la questione della soggettività, così come […] di inventare forme di relazione etiche, norme e valori adeguati alla complessità di questi tempi”.
In Toward Ecopedagogy: An Education Embracing Ecophilia, Ruyu Hung, teorizza invece il concetto di “ecophilia” come “guiding idea for conceiving an education with ecological concern − ecopedagogy”. Nella sua analisi, la ricercatrice cinese sposta la riflessione sull’aspetto formativo, invitando a un radicale ripensamento delle modalità educative e dei modelli emotivi umani, a partire da quelli dei bambini.

Per tutte e tre le filosofe e teoriche del pensiero postantropocentrico, l’arte con il suo innato potere creativo, il suo istinto fluido, libero e visionario, riveste un ruolo fondamentale in questo processo di evoluzione al quale l’umanità è chiamata.
In Che cos’è la filosofia, Deleuze e Guattari indicano l’arte come “una pratica intensiva che mira alla creazione di nuovi stili di pensiero, di percezione e di sensazione delle infinite possibilità della vita”.

 

 


Iena Cruz in dialogo con Andrea Lerda


Il tuo lavoro si inserisce a pieno all’interno di questo movimento globale del pensiero, che vede in prima linea, filosofi, pensatori, artisti, creativi e i “nuovi giovani” sempre più connessi in una protesta globale in favore del clima.
Nella tua pratica artistica, la dimensione visionaria si mescola con quella attivista e di denuncia. Al tempo stesso, i tuoi interventi urbani − la cui scala varia a seconda del contesto nel quale sei chiamato a intervenire − sono narrazioni di grande impatto visivo ed emotivo, capaci di interferire con l’immaginario individuale e collettivo e di animare le menti di chi guarda.

 

AL
Quando hai sentito questo bisogno di trasferire nel tuo lavoro i temi ambientali?

IC
Ho deciso di concentrarmi su questi temi in seguito a uno studio e una ricerca che ha determinato in me una presa di coscienza delle azioni invasive dell'uomo sul nostro ecosistema. Inizia così una presa di coscienza. Ho iniziato a pormi quesiti sulla mia esistenza su questo pianeta e sulle mie pratiche giornaliere. Ho deciso così di integrare le mie emozioni e sensazioni all’interno dei miei lavori, di utilizzare la mia arte per uno scopo, per dare voce a chi una voce non ce l’ha (intendo ad esempio gli animali e la natura) per aumentare la consapevolezza rispetto a problematiche importanti come l’estinzione delle specie animali, l’innalzamento delle acque a causa dallo scioglimento dei ghiacciai, i cambiamenti climatici, il riscaldamento globale e l’impatto dell’uomo sul nostro ecosistema in generale.
Quel che cerco di fare è esprimere le mie emozioni e la mia visione attraverso la potenza e la bellezza della natura stessa.

 

AL
Nella tua pratica metti in dialogo la dimensione animale con quella vegetale, l’universo naturale con la presenza antropica. Lo spazio urbano è in qualche modo il tuo studio e territorio di ispirazione; l’architettura il mezzo attraverso il quale apri una finestra da cui osservare il mondo con occhi differenti.
La relazione fisica e senza filtri con la comunità è un elemento che appartiene naturalmente al terreno della street art. Nel tuo caso, questo dialogo assume però un valore ulteriore. I tuoi wallpainting sono spesso realizzati sulle pareti di grandi edifici. Spazi che, nelle grandi città, sono frequentemente occupati da campagne pubblicitarie per fini commerciali. È evidente che lo scopo dei tuoi interventi sia di tutt’altra natura ma ritengo molto interessanti i punti di contatto tra questi due aspetti, nonché la dimensione persuasiva che emerge dalle grandi immagini che realizzi.

 

IC
Quello che cerco di trasmettere nei miei lavori, attraverso una studiata composizione visuale, è una reazione, una riflessione, senza presentare domande o aspettarmi delle risposte, ma bensì lasciando un ampio spazio interpretativo personale ad ogni fruitore, così che chi osserva il lavoro possa da solo porsi le proprie domande e darsi delle risposte, con la speranza di generare eventualmente un dialogo, uno scambio d’idee, un incrocio di sinergie

 

 


AL
Non è la prima volta che realizzi un lavoro su un edificio la cui funzione è di educare le nuove generazioni. La ricercatrice cinese Ruyu Hung − Professoressa di Filosofia dell’Educazione presso il Dipartimento di Educazione della National Chiayi University di Taiwan − sostiene la necessità di ristrutturare totalmente i modelli educativi odierni e, in particolare, di sviluppare un nuovo approccio ecopedagogico che dia priorità allo sviluppo dell’ecophilia. Per modificare il modo con cui la specie umana si relaziona con il mondo è necessario che i bambini – in particolare quelli nella fascia 3-11 anni – siano educati all’empatia con la natura attraverso percorsi di “learning about nature”, learning on nature” e learning in nature”.
Il tuo progetto per l’Istituto Comprensivo “Cuneo Oltrestura” di Madonna dell’Olmo credo vada in questa direzione. Il lavoro è nato da una condivisione del tema e dalla partecipazione degli studenti, rimarrà alla scuola come strumento per educare al cambiamento e allo sviluppo di una coscienza critica.
Che rapporto hai con questo aspetto?

 

IC
Credo che l’educazione culturale sia alla base di una buona crescita e ricchezza personale nel percorso della vita di ognuno di noi.
Reputo l’approccio alla natura fondamentale per ossigenare le menti e la creatività delle persone, soprattutto per connetterci con l’ecosistema da cui dipendiamo.
Come artista e persona sono onorato di poter attivare delle riflessioni attraverso l’arte che realizzo, di riuscire a raggiungere pubblici di tutte le età ed essere in qualche modo un esempio in più per i più giovani che sono spesso alla ricerca di guide, esperienze, ispirazioni per indirizzare il proprio percorso di vita. Mi auguro attraverso il mio lavoro di poter trasmettere loro gli ideali in cui credo e i miei buoni propostiti.
Il mio intento è di evidenziare problematiche ambientali utilizzando la bellezza della natura stessa, rappresentata nella sua relazione con un’industrializzazione sempre più invasiva, nella speranza che un giorno si possa arrivare al giusto equilibrio tra natura e specie umana.
Mi rattrista pensare che in quest’epoca, le nuove generazioni a partire dall’infanzia, debbano approcciarsi a una scoperta della natura non solo per apprezzarne la bellezza in maniera spensierata ma per scoprire le problematiche dell’impatto che l’umanità ha sugli equilibri naturali e sul futuro stesso della nostra specie. Li chiamiamo fin da piccoli a uno sforzo di responsabilizzazione per non rischiare di commettere quegli errori che ci hanno portato alla situazione attuale.

 

AL
Forza di Gradiente è una fotografia chiara del mondo che coabitiamo. Da un lato, una serie di animali di varie specie sono legati da una parentela comune. Il loro nascere e prendere forma come anelli di una sola catena rimanda all’idea di connessione totale, di una terra come “luogo di un’essenziale e vitalizzante alchimia” (C. Pentecost, Essere Esseri Umani, Comp(h)ost, 2021) 
Dall’altro, nel suo risvolto più problematizzante, il tuo lavoro presenta in maniera evidente le contraddizioni e le conseguenze dell’impatto umano sulla Terra. Apre a una serie di interrogativi, propone un paesaggio nel quale coesistono una montagna innevata, una serie di ciminiere, un missile puntato verso lo spazio, un pozzo petrolifero e l’immagine di Marte.
Forza di Gradiente mi sembra un viaggio che inviti chi osserverà a compiere.
Con tutti questi riferimenti sembri voler fare una domanda: “in quale direzione vogliamo andare”?

 

IC
Forza di Gradiente
sottolinea come i 4 elementi naturali siano la forza e il motore regolatore per la sopravvivenza del nostro pianeta, in quanto parte di un ecosistema estremamente collegato con gli animali terrestri e acquatici. Rompendo un anello di questa catena si rischia di compromettere il futuro del pianeta stesso.
La forza di gradiente in meteorologia si può visualizzare come una spinta che genera il moto d’aria comunemente chiamato vento, che a sua volta regola le correnti d’aria terrestri e quelle oceaniche (determinando l’equilibrio di tutta la fauna marina che a sua volta regola i nostri mari in un grande depuratore d’aria, catturando circa il 30% della CO2 prodotta dalle attività umane) che a loro volta muovono il plancton alla base della catena alimentare marina, cosi trasformando i nostri mari in un grande depuratore d’aria, catturando circa il 30% della CO2 prodotta dalle attività umane.
Possiamo andare avanti all’infinito trovando collegamenti naturali di fondamentale importanza per l’equilibrio molto fragile del nostro pianeta.

La mia opera rappresenta la corsa comune per la sopravvivenza di animali provenienti da luoghi e ambienti differenti, rappresentati in una composizione surreale nella quale si fondono a creare un unico elemento. Un viaggio temporale nel quale gli animali si muovono da un ambiente passato incontaminato verso un tempo futuro, attraversando un presente caratterizzato dalla presenza sempre più invadente dell’essere umano.

Il lavoro si chiude in un’atmosfera onirica, con una riflessione sulla direzione verso cui è diretto il nostro futuro. In primo piano una montagna innevata si trasforma in cigno. La montagna dà vita a fiumi e torrenti, a laghi che diventano habitat per animali come il cigno. Questo mi fa pensare come tutto sia strettamente collegato nonostante si parli di ambienti diversi e lontani tra loro. Ho scelto di rappresentare la montagna sia per omaggiare gli splendidi luoghi che circondando questo territorio, sia perchè simboleggia la sfida dell’uomo a raggiungere la vetta più alta, la sfida della specie umana a salvaguardare l’ambiente naturale e i suoi ecosistemi.
E poi c’è il pianeta rosso. Il progresso e l’ambizione dell’essere umano lo porta alla scoperta e forse alla conquista di nuovi pianeti. Così, torri di raffinazione petrolifere si trasformano in piattaforme per lanci di missili per raggiungere Marte, diventando parte permanente dell’ambiente naturale. Questo pensiero, sicuramente già molto discusso, mi porta a riflettere sull’importanza che il progresso segua una direzione sostenibile, per evitare di ricommettere altrove errori distruttivi già perpetrati sul nostro pianeta.

 

 Per le foto: credit Francesco Doglio